Cos'è un intervento di mastoplastica additiva
La prima considerazione da fare parlando di mastoplastica additiva è che ogni donna è unica e che ogni mammella è unica. E' molto difficile trovare due donne che abbiano la stessa struttura corporea, la stessa forma e lo stesso volume delle mammelle. Tutte le donne sono organismi perfetti ma diversi gli uni dagli altri, così come le loro mammelle.
Comunemente la maggior parte delle paziente considerano la mastoplastica additiva come un intervento chirurgico indicato esclusivamente per l'aumento volumetrico delle mammelle, utilizzando una coppia di protesi mammarie.
Ma è davvero così?
La risposta è no. La mastoplastica additiva è un intervento chirurgico raffinato durante l'esecuzione del quale il chirurgo mette in atto tutta una serie di accorgimenti tecnici e di considerazioni, basate sull'evidenza clinica scientifica, per ottimizzare sia il volume che la forma delle mammelle, per ottenere un risultato elegante, naturale e sopratutto proporzionato all'intero fisico della paziente.
Perchè utilizzare le protesi leggere B LITE?
Le protesi B LITE sono l'unica, vera ed indiscussa novità nel campo delle protesi mammarie. Sono impianti di nuova generazione. Il loro contenuto è composto da gel di silicone al quale sono state aggregate microsfere di borosilicato. Questa aggregazione permette alle protesi B LITE di essere più leggere rispetto alle altre in commercio di circa il 30%.
Questo vuol dire miglior comfort per le pazienti e risultati a distanza più stabili nel tempo. Proprio perchè sono più leggere esercitano una minor compressione sul parenchima ghiandolare delle mammelle provocandone un minor assottigliamento. Questo potrebbe voler dire minor incidenza di Rippling e Wrinling. Non meno importante la maggior radiotrasparenza che permette una miglior “leggibilità” degli esami radiologici.
Prima dell'operazione
Il colloquio
La cosa più importante sia per il chirurgo che per la paziente è stabilire un rapporto di fiducia, creare un'empatia, una simbiosi di intenti. E' molto importante per la paziente far comprendere chiaramente al proprio chirurgo i propri desideri, le proprie aspettative. Cosi come è importante per il chirurgo spiegare dettagliatamente i vantaggi e gli svantaggi di ogni tecnica, le caratteristiche delle protesi mammarie, le reali possibilità chirurgiche, il reale possibile risultato.
Durante il colloquio devono emergere tutti gli aspetti dell'intervento e le pazienti devono prenderne consapevolezza. E' importante che loro riferiscano circa precedenti medici o chirurgici, circa patologie pregresse o in atto, tipo diabete, disordini ormonali o difetti della coagulazione. Devono essere riferiti eventuali precedenti senologici, pregresse mastiti od asportazione chirurgica di noduli. In ogni caso è consigliabile, prima di sottoporsi all'intervento chirurgico, eseguire una ecografia ed eventualmente una Mammografia (indicata dopo i quaranta anni) per escludere qualsiasi patologia in atto.
La visita
Ascoltati i desideri della paziente, il chirurgo esegue una visita accurata durante la quale effettua una serie di valutazioni e di misure utili a stabilire la scelta corretta delle protesi e la tecnica d'impianto più appropriata alle caratteristiche fisico-strutturali della paziente.
Partendo dal principio che la mastoplastica additiva non è solo un incremento volumetrico delle mammelle ma una correzione sia di forma che di volume e che il cono mammario ha tre dimensioni ovvero base, altezza e proiezione, il chirurgo dovrà stabilire cosa correggere e quali le dimensioni da correggere per ottenere un risultato ideale.
Scelta della proiezione e misura di protesi
Alcune misure sono determinanti nella scelta degli impianti. La distanza tra il giugulo ed il capezzolo indica l'altezza della gabbia toracica e quanto dovrà essere alto un impianto per correggere correttamente il polo superiore.
La distanza tra la linea mediana dello sterno (emisternale) e la proiezione della ascella (linea ascellare anteriore) indica la struttura e le dimensioni della base del torace e quanto dovrà essere largo un impianto per poter correggere il cono mammario e ridurre lo spazio esistente tra le due mammelle.
Per poter stabilire come integrare la proiezione della mammella (stabilire la misura della futura coppa) è importante stabilire la compliance cutanea ossia l'elasticità della cute che riveste le mammelle. Maggiore è l'elasticità cutanea più grande potrà essere la proiezione ed il volume della protesi mammaria.
L'importante è valutare queste misurazioni con attenzione e coinvolgere la paziente nella scelta degli impianti per arrivare ad una correzione “su misura” per la paziente, cosi come un sarto prende le misure per un abito fatto su misura. Ad ogni donna la sua mammella e ad ogni mammella la sua protesi.
Quale via di accesso scegliere?
L'incisione al solco sotto-mammario è certamente la via più sicura per le pazienti perchè, sia se si scelga un posizionamento retro-ghiandolare delle protesi che un posizionamento retro-muscolare, la ghiandola mammaria non viene interessata dal trauma chirurgico.
L'incisione periareolare è indicata in presenza di areole di dimensioni generose che permettano un'agevole introduzione degli impianti, senza stressarli e comprimerli, per non comprometterne l'integrità microstrutturale, o quando si rende necessario, modificare la posizione del complesso areola capezzolo. Non bisogna però sottovalutare che, se si opta per un accesso periareolare, la ghiandola mammaria potrebbe essere interessata dall'atto chirurgico.
La via ascellare, forse la più difficile tecnicamente, è certamente la migliore per quanto riguarda il risultato cicatriziale ma, in qualche modo, è un incisione che viene collocata in un'area dove decorrono i vasi linfatici che drenano la mammella nei linfonodi ascellari e se, dopo qualche anno, si fosse costretti ad eseguire indagini nei linfonodi, tipo linfoscintigrafia per ricerca del linfonodo sentinella (primo linfonodo in ascella che drena la mammella) questa metodica potrebbe essere inficiata dall'incisione della mastoplastica.
Quale è il piano ideale per posizionare una protesi?
Non esiste un piano ideale. Il piano ideale è in rapporto alle caratteristiche della paziente. Per esempio, se esiste già prima dell'intervento un buon parenchima ghiandolare che garantisce una ottimale copertura della protesi ed in tutte le pazienti che praticano molto sport ed utilizzano i muscoli delle braccia (per esempio tennis o nuoto) è possibile posizionare le protesi in una loggia retroghiandolare. Al contrario, nelle pazienti molto magre e con ghiandola mammaria scarsamente rappresentata è indicata una loggia retromuscolare, in “dual plane”.
Quest'ultima è caratterizzata dalla copertura degli impianti, nella loro porzione più alta, dal muscolo gran pettorale, mentre la porzione inferiore delle protesi aggetta nel tessuto retroghiandolare-sottocutaneo. L'importante è che le protesi abbiano una ottimale copertura. Esistono vantaggi e svantaggi per ogni tecnica di impianto. Nella mia personale esperienza i risultati migliori, soprattutto a distanza di anni dall'intervento, si ottengono con il dual plane. Sono risultati più stabili e naturali.
Tutte le pazienti dovrebbero sapere che la compressione delle protesi mammarie, direttamente sul parenchima ghiandolare, provoca, nel tempo, un progressivo assottigliamento delle ghiandole con il risultato che, a distanza di qualche anno, si possono palpare o si rendono visibili i bordi esterni delle protesi mammarie. Inoltre l'incidenza della complicanza più frequente nelle mastoplastiche additive, la contrattura capsulare, è sensibilmente maggiore nelle mastoplastiche retroghiandolari.
E' meglio utilizzare una protesi tonda od una protesi anatomica?
Anche a questa domanda non si può rispondere in modo assoluto. Se si parte dal principio che ogni donna è unica e che ogni mammella è unica la risposta corretta è che ogni donna ed ogni mammella hanno bisogno della loro protesi, che sia tonda od anatomica. Non è certamente un'assoluta verità che le protesi tonde restituiscano un effetto innaturale. Il risultato finale non è determinato solo dalla protesi utilizzata.
E' la convergenza di vari fattori quali la struttura del torace e delle ghiandole mammarie esistenti, la loggia scelta per l'impianto e la scelta della forma delle protesi. E' indubbio, però, che in caso di pazienti molto magre e con scarsa ghiandola mammaria le protesi anatomiche possano dare una correzione migliore.
Intervento
Generalmente l'intervento chirurgico può essere eseguito in regime di Day Surgery, senza necessità di ricovero notturno. L'anestesia può essere locale in sedazione o generale, ma in maschera laringea ossia senza intubazione oro-tracheale.
L'intervento ha una durata compresa tra i 60 ed i 90 minuti e generalmente non è particolarmente doloroso. E' necessaria una profilassi antibiotica ed è consigliabile proseguire la terapia nei cinque giorni successivi l'intervento. Nella mia personale pratica clinica posiziono i drenaggi solo se ve ne è una reale necessità.
Dopo l'operazione al seno
Sia che vengano utilizzate protesi di forma tonda che anatomiche, sia se venga utilizzata una loggia retroghiandolare che in dual plane è consigliabile un periodo di riposo di almeno un mese.
Attività fisica dopo la mastoplastica additiva
E' sconsigliata la guida di auto o motoveicoli, l'attività sportiva ed in particolare lo sport caratterizzato dall'utilizzo delle braccia. Durante la notte è preferibile non dormire in decubito laterale o prono, specialmente se si siano utilizzate protesi anatomiche. Nel postoperatorio occorre indossare un reggiseno elastico-contenitivo per mantenere gli impianti in sede e ridurre l'edema post operatorio.
Le protesi anatomiche hanno una minore incidenza di contrattura capsulare ma possono andare incontro a rotazione. E' davvero importante per i primi sessanta giorni prestare attenzione a movimenti o sforzi violenti e soprattutto ad indossare il reggiseno postoperatorio
Diagnostica strumentale della mammella
Tutte le pazienti portatrici di protesi mammarie possono sottoporsi ai normali esami strumentali utili per lo screening dei tumori della mammella come l'ecografia e la mammografia. Esistono proiezioni particolari che permettono di fare diagnosi anche nei noduli di piccole dimensioni.
Comunque, oltre a tali indagini, la diagnostica strumentale si avvale della Risonanza magnetica. Quest'ultima indagine permette di studiare, oltre al parenchima ghiandolare, anche lo stato delle protesi mammarie.
Quanto durano gli effetti della mastoplastica additiva?
Le protesi mammarie vanno incontro, nel tempo, ad usura ed è consigliabile la loro sostituzione in un arco temporale compreso tra i dieci ed i quindici anni. Comunque, trascorsi dieci anni dall'intervento, è consigliabile eseguire, con cadenza biennale, una risonanza magnetica utile a mettere in evidenza eventuali segni di fissurazione e/o rottura.
Aggiornato: 27.03.2018